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Videoforum: infanzia e adolescenza nel tempo sospeso del coronavirus

12 Aprile 2020
Mercoledì 15 aprile ore 18.00Per seguire il videoforum:Sulla nostra Pagina FacebookCanale YouTubeEvento Facebook Nel dramma dell’emergenza, sono state emanate regole di comportamento stringenti e valide per tutti, finalizzate a contenere il contagio. Però non siamo tutti uguali: per ragazze e ragazzi il contatto sociale, il movimento, l’azione, la vicinanza ai coetanei sono bisogni vitali, di crescita, e non sappiamo quanto l’angoscia per ciò che sta accadendo nel mondo incida sulla loro fiducia nel futuro e sulla capacità di elaborare le paure. Le famiglie non vivono tutte nella stessa situazione. La scuola rappresenta il principale canale attraverso cui si realizzano, sia pure fra mille ostacoli, le pari opportunità di bambini e adolescenti. Ora ciascuno torna, per decreto e per necessità, alla propria famiglia, a spazi quotidiani che possono essere ampi o ristretti, a situazioni relazionali armoniose o difficili, a contesti culturali e materiali diversi. Durante il distanziamento sono emersi il divario digitale, le disuguaglianze economiche e abitative, le differenze territoriali nell’accesso a internet, la diversa preparazione (anche culturale) dei genitori nel sostenere i propri figli adesso che filtri importanti, come la scuola, lo sport, il gruppo dei compagni, sono improvvisamente divenuti più distanti. Insomma, le disuguaglianze riprendono campo e per ciascun ragazzo il periodo di reclusione potrà essere più o meno tollerabile, potrà incidere in modo molto diverso sul suo sviluppo futuro. Le istituzioni devono porre attenzione a questo tema e offrire una risposta differenziata alle esigenze di crescita dei più giovani, perché l’emergenza non diventi il terreno su cui si riproducono e si accentuano le disuguaglianze all’interno delle giovani generazioni. Vogliamo riflettere su questi temi insieme a coloro che più da vicino conoscono la vita degli adolescenti e percepiscono le loro difficoltà, le loro paure, le incertezze che questa situazione porta nella loro immagine del futuro. Invitiamo gli interessati e le interessate a unirsi a noi nella tavola rotonda online che si svolgerà mercoledì 15 alle 18:00, alla presenza di psicologi, insegnanti e genitori. L’evento è finalizzato all’elaborazione di proposte concrete da sottoporre alle Istituzioni Locali. Per intervenire scrivere a: sandra.carpilapi@gmail.com Mercoledì 15 aprile ore 18.00Per seguire il videoforum:Sulla nostra Pagina FacebookCanale YouTubeEvento Facebook Firenze Città Aperta

Didattica a distanza e dintorni

11 Aprile 2020
Dal 4 marzo quel mondo vibrante e complesso fatto di relazioni, di scambi di sapere, di produzione di pensiero, di vita palpitante che è il mondo della Scuola è stato improvvisamente sconvolto. Come insegnante che vive la Scuola come spazio gioioso e vitale di condivisione e come dimensione palpitante di impegno civile, di fronte a questo improvviso spegnimento sono rimasta come attonita. Oggi, a cinque settimane dalla chiusura, proverò ad avviare una riflessione, seppur parziale, su ciò che sta accadendo alla Scuola in questo particolare frangente. La prima considerazione che mi viene da fare è che tutta la discussione intorno alla Scuola in questo momento verte esclusivamente sulla didattica a distanza ed in particolare sulla scarsa preparazione tecnologica del Paese (sia delle scuole sia delle famiglie) per far fronte al nuovo scenario. La sinistra ha subito messo in luce quanto la didattica a distanza accentui le differenze sociali mettendo in difficoltà in primo luogo bambini/e e ragazzi/e che provengono da contesti svantaggiati. Questo è senz’altro vero, sebbene, volendo essere precisi, quello che incide maggiormente in questo quadro non è tanto il divario economico ma quello culturale che, come sappiamo, non sempre vanno necessariamente di pari passo. Le famiglie di insegnanti, per esempio, per ovvi motivi, sono certamente quelle che in questa situazione meglio hanno saputo riorganizzare e seguire il percorso di apprendimento dei loro figli e figlie. Ma quello che mi preme di più osservare tocca un altro piano che è stato finora quasi completamente trascurato dal dibattito. Da oltre un mese il mondo della Scuola si è buttato a capofitto in piattaforme mirabolanti e acrobazie digitali di ogni sorta. Insegnanti di tutto il Paese si sono lanciati in uno spasmodico tentativo di ricreare una scuola virtuale che impone di lavorare molto di più per ottenere risultati assai più scarsi. Molti hanno celebrato tutto ciò come un’occasione straordinaria di innovazione per la Scuola e di svecchiamento epocale della didattica, altri hanno rilevato le falle del sistema imputandole all’inadeguatezza dei mezzi e delle competenze tecnologiche. Il problema che vorrei porre, però, riguarda i possibili risvolti di questa frenetica corsa digitale che non sta lasciando spazio e tempo ad una riflessione più profonda su quello che stiamo veramente facendo. La mia perplessità come insegnante ha a che vedere con quella che mi pare la perdita di una prospettiva educativa a lungo termine, ci stiamo preoccupando del qui ed ora, di come portare avanti il programma, di come mettere le valutazioni, di come sostenere gli esami di giugno ma ci sta pericolosamente sfuggendo di vista la dimensione culturale-educativa più ampia. Per tradurre in termini più concreti, mi limito a osservare che negli ultimi anni sono state investite molte risorse e coinvolti molti operatori di vari settori (polizia postale, psicologi, pedagogisti) per sensibilizzare genitori e studenti sui rischi delle nuove tecnologiche e delle dipendenze ad esse connesse; nelle nostre aule abbiamo dedicato ampio spazio alla riflessione intorno a ciò che significa vivere le relazioni filtrate da uno schermo; fra adulti ci siamo interrogati spesso,

Infanzia e adolescenza nel tempo sospeso del coronavirus

11 Aprile 2020
La lettera con cui un gruppo di genitori ha chiesto al sindaco di Firenze almeno una mezz’ora d’aria per i propri figli è un segnale della difficoltà che le famiglie attraversano nella reclusione forzata, ma anche un richiamo a pensare in modo più organico ed efficace ai bisogni dei bambini e delle bambine, e degli/delle adolescenti. Nel dramma dell’emergenza, sono state emanate regole di comportamento stringenti e valide per tutti, finalizzate a contenere il contagio. Però non siamo tutti uguali: per bambini e ragazzi fare e stare nel mondo è un bisogno vitale, di crescita; è come il pane. Per quanto con difficoltà, noi adulti abbiamo gli strumenti per superare la distanza che ci separa dagli altri: la memoria, la parola, la capacità di mantenere vivo un mondo interno. Per bambini e adolescenti è molto più difficile. Senza contare che non sappiamo quanto l’angoscia per ciò che sta accadendo nel mondo incida sulla loro fiducia e sulla capacità di elaborare le paure. A un mese dall’inizio del distanziamento sociale, la possibilità per i/le bambini/e di uscire per una breve passeggiata potrebbe rappresentare l’occasione per sentire che il mondo è ancora lì, li aspetta (anche se a vederlo ora non sembra proprio il mondo di prima). Occorre anche considerare che le famiglie non vivono tutte nella stessa situazione. La scuola rappresenta il principale canale attraverso cui si realizzano, sia pure fra mille ostacoli, le pari opportunità di bambini e adolescenti. Ora ciascuno torna, per decreto e per necessità, alla propria famiglia, a spazi quotidiani che possono essere ampi o ristretti, a situazioni relazionali armoniose o difficili, a contesti culturali e materiali diversi. La stessa esperienza della didattica online ha disvelato le grandi differenze fra famiglie e contesti diversi. Secondo l’Istat il 33,8% delle famiglie italiane non ha un computer o un tablet (41% al Sud) e il 47,2% ne ha uno da dividere tra genitori e figli. Questo divario digitale spesso è radicato nelle disuguaglianze economiche e nelle differenze geografiche per quanto riguarda l’accesso a Internet. Esiste poi un divario culturale e, come sappiamo, tipi diversi di disuguaglianza non vanno necessariamente di pari passo. Per ovvi motivi, le famiglie di insegnanti sono certamente quelle che in questa situazione meglio hanno saputo riorganizzare e seguire il percorso di apprendimento dei loro figli e figlie. Inoltre, come molti genitori hanno notato, non tutte le famiglie sono pronte e attrezzate per interagire coi bambini e gli adolescenti h24 adesso che filtri importanti – la scuola, lo sport, i nonni, per citarne alcuni – sono improvvisamente divenuti più distanti. Infine, c’è un fattore che pesa enormemente sulla vita di migliaia di bambini e bambine e che riguarda il tema della sperequazione abitativa. Il divario di censo incide senz’altro sulla possibilità di accesso agli strumenti dell’informatica e quindi alla didattica a distanza – che è comunque inadeguata e poco efficace per tutte/i – ma più ancora incide sull’accesso allo spazio e alla luce. Molte famiglie, infatti, vivono in contesti abitativi troppo ristretti, o sovraffollati, o comunque

L’aria e la luce sono solo per i figli dei ricchi?

10 Aprile 2020
In questo momento più che mai, a mio parere, c’è un fattore che pesa enormemente sulla vita di migliaia di bambini e bambine in particolare e che riguarda il tema della sperequazione abitativa. Il divario di censo, come molti hanno recentemente rilevato, incide senz’altro sulla possibilità di accesso agli strumenti dell’informatica e quindi alla didattica a distanza – che è comunque necessariamente inadeguata e poco efficace per tutte/i – ma mi sento di dire che più ancora incide sull’accesso allo spazio. Ogni giorno, da un mese a questa parte, nell’ora più quieta del pranzo, mi avvio come una fuggiasca con mia figlia seienne per le strade meno battute che da dietro casa si inerpicano per le colline. Ci fermiamo a giocare per un quarto d’ora in uno spiazzo di pietra davanti ad una piccola chiesa finché un passante con il cane non si avvicina sussurrandomi “Signora, faccia attenzione, stanno facendo i controlli”. Rientro con il cuore pesante, faccio fatica a spiegare a mia figlia – che da sempre ho educato alla libertà – che possiamo restare fuori casa solo per un breve tempo, giocare poco e senza attirare l’attenzione e cercando, nel contempo, di eludere la sorveglianza delle forze dell’ordine. E lei non riesce a capacitarsi del perché mai i poliziotti ci dovrebbero fermare per quello che stiamo facendo. Tuttavia mi ritengo fortunata perché posso comunque offrire alla mia bambina questi limitati momenti all’aperto, al sole, alla luce, e posso farlo perché abitiamo in un quartiere che ci permette di raggiungere facilmente luoghi più solitari e piacevoli, perché posso permettermi il rischio di incorrere in eventuali sanzioni e perché posso spiegare a mia figlia perché stiamo trasgredendo la legge. Allo stesso tempo, mentre passeggiamo per le vie appartate che costeggiano quel susseguirsi di ville che punteggiano le nostre colline, sento da dietro gli alti muri in pietra, le voci e le risate di bambini che giocano spensierati fra gli uliveti e nei soleggiati parchi delle loro abitazioni. Penso allora a quelle molte famiglie che vivono in contesti abitativi ristretti, o sovraffollati, o comunque inadeguati (tanto per limitarci a evidenziare le carenze strutturali tralasciando le possibili ricadute di tali condizioni all’interno di un nucleo familiare). Penso a quelle migliaia di bambini e bambine che da settimane sono compressi in spazi angusti, in seminterrati, in abitazioni scarsamente areate e illuminate, in quartieri inospitali, per i quali la privazione dello spazio aperto diventa una condanna. Mi pare che in questo particolare momento critico che stiamo vivendo, questo aspetto evidenzi – se mai ce ne fosse bisogno – la stridente assenza di pari opportunità persino nell’accesso ai beni più primari quali lo spazio, l’aria, la luce. Daria De Picchis #VisioniPerCambiare

Il lavoro prima, durante e dopo il COVID19

9 Aprile 2020
Profitto vs salute, produzione vs sicurezza, capitale vs lavoro Segnaliamo, per venerdì 10 aprile alle 18:00, la diretta YouTube del “Cpa Firenze Sud” con la partecipazione del nostro socio, già presidente della associazione ed avvocato del lavoro, Danilo Conte. Evento Facebook Canale YouTube per la diretta Sito internet CPA Firenze Sud

Lettera di LIBERE TUTTE al presidente della Regione Toscana Enrico Rossi

7 Aprile 2020
Firenze Città Aperta sostiene con determinazione la proposta di Libere Tutte: in tempo di Coronavirus, la libertà di scelta delle donne deve essere tutelata e garantita. Mentre apprendiamo con sgomento che un’associazione cattolica fondamentalista vorrebbe approfittare dell’emergenza per sospendere le interruzioni volontarie di gravidanza, sottoscriviamo ogni parola della LETTERA che Libere Tutte ha indirizzato al Presidente della Regione Enrico Rossi. Qui il testo integrale: Egregio Presidente della Regione Toscana dottor Enrico Rossi, Quella che stiamo attraversando è un’emergenza pandemica mondiale che ha come principale strumento per contrastarla quello di evitare contatti con le altre persone e limitare l’accesso agli ospedali. Ospedali in sofferenza e personale sanitario allo stremo e che sta pagando un alto tributo anche in termini di vite umane. L’emergenza ricade in misura superiore sulle donne, perché la cura della casa, la spesa, le pulizie, la gestione dei figli gravano pesantemente su loro. Inoltre i dati nazionali riferiscono un calo nelle segnalazioni di violenze domestiche dovuto alla difficoltà delle denunce da parte delle donne, spesso chiuse in casa con i propri persecutori. Da qui la campagna “mascherina 1522”. Per quanto riguarda, inoltre, la questione dell’IVG nessuna misura, a oggi, è stata presa per affrontare l’emergenza. Con l’aumento dei contagi sono state via via sospese tutte le prestazioni differibili e non urgenti. Tra le prestazioni non differibili, ovviamente, rientrano le interruzioni volontarie di gravidanza. Questo servizio, già in sofferenza a causa dell’aumento continuo dell’obiezione di coscienza (per cui sono nate reti regionali come in Toscana il “Coordinamento 194” e a livello nazionale “Pro-choise”), è ancora più a rischio a causa della pandemia. Occorre tener presente che potrebbero crearsi condizioni tali da veder superati i limiti temporali stabiliti dalla legge con il risultato concreto di non potersi più avvalere del diritto di interrompere la gravidanza e il ritorno all’aborto clandestino con tutti i pericoli che ciò comporterebbe per la salute della donna. Per tali ragioni, in questo periodo di emergenza sanitaria, si chiede di potenziare l’aborto farmacologico e di effettuarlo negli ambulatori e consultori (in Toscana la percentuale è ancora molto bassa rispetto a molti paesi europei), snellire il percorso attuale e praticarlo anche negli ambulatori e nei consultori. L’aborto farmacologico, effettuato nelle strutture sanitarie territoriali oltreché consentire l’accesso alle tecniche più moderne, più rispettose dell’integrità fisica e psichica e meno rischiose per la salute delle donne (v. art 8 legge 194/78), comporterebbe anche un notevole risparmio economico rispetto a quello chirurgico. È necessario aumentare il periodo in cui si può effettuare l’aborto farmacologico portandolo, come previsto dall’Agenzia Europea del Farmaco, a 63 giorni di amenorrea. Per le ragioni che abbiamo espresso, si chiede di poter procedere simultaneamente alla consegna del primo farmaco (Mifepristone) e alla prescrizione medica del secondo farmaco (Prostaglandine) con un unico passaggio nell’ambulatorio ospedaliero o in consultorio. Per questo Le chiediamo di adottare, nell’immediato, misure provvisorie urgenti volte a garantire l’accesso alla interruzione volontaria di gravidanza, privilegiando la procedura farmacologia che permetterebbe, se condotta in conformità con le linee guida delle società scientifiche internazionali, di limitare

La Prefetta di Firenze e la difesa dal Coronavirus sul bagnasciuga

7 Aprile 2020
La Prefetta di Firenze, rispetto al decreto che ne prescrive la chiusura per contrastare la diffusione del contagio da Coronavirus, ha distribuito deroghe alle aziende come se fossero caramelle (tanto da rendere in gran parte inutile, per la nostra provincia, il decreto stesso). Avrebbe anche potuto risultare una scelta ragionevole, a condizione però che fosse strettamente collegata ad una riconversione, anche se temporanea, della produzione, com’è stato fatto in altri Paesi. Vi è grande necessità, infatti, di mascherine, di guanti, di altri strumenti per far fronte all’epidemia. Invece si sono considerate essenziali, e un articolo del decreto lo rende possibile (tanto per non scontentare nessuno, né chi intende tutelare la salute delle lavoratrici e dei lavoratori – e più in generale dell’intera popolazione -, né chi tiene molto ai propri profitti), persino le industrie aerospaziali, della difesa e comunque strategiche. Forse la Prefetta ritiene che occorra difendersi a breve da invasioni aliene o che ci sia da far barriera, come sul Piave nella 1° Guerra Mondiale, rispetto al virus stesso, inquadrato in battaglioni, che sbarca sul bagnasciuga o viene paracadutato dal cielo. Certo, non c’è da meravigliarsi: a Cameri si continua imperterriti a lavorare per gli F35, i missili che porteranno testate nucleari, come se da questi ordigni di morte dipendesse la sorte del mondo (e questo è vero, ma perché ne mettono a rischio la sopravvivenza). Da più parti viene detto che dopo il Coronavirus niente sarà come prima.È importante, però, vedere in che direzione andranno i cambiamenti (si può anche cambiare tutto perché nulla cambi – ricordiamoci della Sicilia de “Il Gattopardo” – e di molte altre situazioni simili) e sarebbe altamente significativo che fin da ora si avessero segnali precisi in proposito. Purtroppo quelli che stanno arrivando sono del tutto negativi e ripropongono la centralità delle spese militari, nonché della produzione e del commercio delle armi, una centralità che si è mantenuta costante nel tempo, fossero i governi di destra, di centro o di centro-sinistra. Nonostante che la crisi in atto metta in luce come sia urgente rafforzare la sanità pubblica, che ha subìto negli ultimi decenni un’opera continua di smantellamento (per questo, come “Firenze città aperta”, abbiamo fatto nostro l’appello “Ospedali e scuole, non cannoni”). Da parte di chi ha a cuore la Costituzione – in questo caso l’articolo 11 che “ripudia la guerra” – occorre non mollare la presa. Moreno Biagioni #CronacheDalFuturo

Domenica delle palme ai tempi del Covid-19

6 Aprile 2020
Il 5 Aprile 2020, sarebbe stata una domenica molto importante per me e per tanti cristiani come me. La messa non solo prevede i passi del Vangelo che si riferiscono all’ingresso di Gesù, osannato, a Gerusalemme (palme poi sostituite da rami di olivo) ma soprattutto prevede il Passio, letto a più voci, dalla preghiera di Cristo al tradimento di Giuda, all’arresto di Gesù, alla inettitudine colpevole di Pilato, alla fragilità di Pietro, alla crocefissione. Ho sempre amato questa celebrazione perché mi entra dentro e mi fa interrogare su molti quesiti. Il papa non ha celebrato in una San Pietro piena di fedeli, come negli anni passati, e l’ho visto provato, sofferente, instabile sulle gambe ma commosso ha celebrato in maniera perfetta con una omelia che ha abbracciato tutti noi, parlando di ogni categoria, dai più umili a quanti si occupano degli altri in questa terribile emergenza. Dopo aver assistito alla messa non mi sono sentita colma, non ho provato gioia anzi le mie domande sono aumentate e mi hanno distrutto. Questa è stata una domenica terribile per me, non perché sono stata in casa come al solito in questi 27 giorni ma perché mi sono messa a pensare a tutti quelli che soffrono. Ho pensato agli anziani soli e forse malati, ho pensato ai detenuti, chiusi con il dramma di essere infettati dal virus, ho pensato alle famiglie chiuse in casa con un disabile, ho pensato alla nostra superficialità ed egoismo. Siamo una società malata ma forse non siamo nemmeno una società. Ci siamo rallegrati e fatti forza cantando dai balconi come se quello che stavamo vivendo fosse solo un sogno e che ci saremmo risvegliati molto presto. E, invece, i giorni aumentano anche grazie a degli scriteriati, direi delinquenti, non rispettano le norme certamente restrittive ma necessarie. Noi, democrazia occidentale, privati della nostra libertà? Sembra che non abbiamo realmente compreso che assistiamo a qualcosa di terribile, di un virus che non perdona, che non abbiamo medicine, che il vaccino non sarà pronto in breve tempo. E intanto tutto crolla, tutto il nostro essere fittizio non ci protegge più. E davanti agli occhi le centinaia di bare in attesa di una sepoltura… La cura, il rispetto dei morti, rappresenta l’inizio della civiltà più ancora della scrittura. È il più alto valore etico e ora sembra non esserci più. I moribondi vedranno solo infermieri e dottori e se ne andranno così, non potranno dire niente ai loro cari, non avranno una parola di conforto dai loro affetti. Non c’è spazio per la pietas, non c’è nemmeno spazio per voler lottare per categorie abbandonate. Penso ai senza tetto, penso a chi ha fame ma si vergogna di chiedere. Si dice che questa pandemia ci farà rinascere proprio perché abbiamo sofferto tutti, dato che non sapevamo affrontare il dolore, ma dubito molto che questa rinascita morale, etica avverrà fino a quando si continuerà a perseguire i propri interessi, fino a quando si godrà di privilegi, se si continuerà a vedere solo ciò che

Il vecchio e la bambina

5 Aprile 2020
Le strade sono ormai quasi deserte a Firenze. Silenzio, movimenti lenti, una pulizia nuova dell’aria, una meraviglia – e però anche un’angoscia di fondo che entra nell’anima. Come la sensazione limpida dell’assenza. Del lutto. Tante persone scomparse. E scomparse in solitudine, senza nome, indicate con l’età e le malattie pregresse, ridotte a curva statistica. Malati ignoti. Nessuno che può fargli visita, dare un bacio o tenere la mano. Neppure l’abbracciarsi dei propri cari, dopo: un rito in cui essere ricordati, che dia una specie di misura della vita vissuto. Se pensi che è stata bella, pensi che abbia lasciato del calore nel mondo. Io esco di casa per andare a fare il baby sitter. Nipotina di un anno e mezzo, genitori che lavorano, unico nonno disponibile. E stare con una bambina piccola è come una rinascita. Una ventilazione di vita, come ricominciare da capo a vedere il mondo. Anche un po’ inventarlo, perché ogni giocattolo e ogni oggetto è provato in tutte le sue possibili combinazioni. Nessuna istruzione per l’uso è accettata. Tutto prova a contenere tutto, ogni forma tenta di combinarsi con un’altra. Da un lato si imita dall’altro si reinventa. I giocattoli più raffinati si esaltano nell’essere rivoltati, aperti, tolti e rimessi nella scatola. È come l’allegria universale dei cuccioli. La festa dell’esserci, fra le persone e le cose – nell’aria, nel sole e nel vento. Un potente antidepressivo sono anche i miei ex studenti, pure chiusi in casa, che seguo ancora nei loro gruppi Whatsapp o su Instagram. Mi sembrano mille volte più sensibili e densi di vita degli adulti. E di fronte a un mondo mille volte peggiore di quello che avevamo davanti noi. Allora tutto sembrava possibile, tutto nelle nostre mani. Per loro è già molto immaginarsi uno spazio ravvicinato, intimo, in cui non essere travolti. Eppure i loro occhi a me parlano sempre di desiderio ed energia. Di apertura al mondo. Sono “sdraiati” solo per il narcisismo degli adulti. Organizzano con gli insegnanti delle video-lezioni, che spero un po’ funzionino. Comunque la scuola megamacchina di programmi e voti non credo subirà chissà quali problemi. Si adatterà. L’esperienza personale delle ragazze e dei ragazzi porterà invece dei segni non facili da immaginare. E tuttavia nelle chat la conversazione spesso molla gli insegnanti e si sposta fra loro, diventa gioco – quello abituale, antico: battute, scherzi, prendersi in giro. La scuola è sempre stata anche questo tessuto leggero interpersonale, una rete orizzontale di comunicazione. Non si insegna e non si impara nulla senza una dimensione informale, di relazioni vive dove sei presente non solo con la tua testa da riempire, ma con il tuo corpo, il tuo sguardo, la tua anima. Il corpo ora è un’assenza, però credo li abbiano ben presenti i loro corpi quando premono la tastiera. Adesso quegli sguardi non so come si muovano per la casa. E chissà come lo vedono il mondo fuori, lo spazio desertificato, il tempo sospeso. Penso che se un futuro potrà esserci, dovrà essere molto diverso. Più

La quarantena di chi una casa non ce l’ha

4 Aprile 2020
L’indicazione di stare a casa, che viene ripetuta continuamente per contrastare il contagio da Coronavirus, va indubbiamente seguita. Ma occorre, nel contempo, riflettere su come suoni beffarda per chi la casa non ce l’ha o abita in situazioni di grande precarietà o di sovraffollamento. E trarne le dovute conseguenze, e cioè l’esigenza di interventi sociali indispensabili e urgenti, l’impegno a mobilitarsi in tal senso e a sollecitare le istituzioni affinché li facciano, la presa di coscienza che da una crisi come quella attuale o se ne esce veramente tutti/e insieme o si avrà una ferita gravissima al senso comune di umanità, una ferita difficilmente rimarginabile. Si tratta di intervenire immediatamente:– per diminuire le presenze in carcere,– per distribuire, senza tener conto di eventuali condizioni di irregolarità (per cui occorre anche chiedere con forza, una sanatoria generale) i/le migranti, i/le richiedenti asilo, i profughi e le profughe stipati in strutture di accoglienza e di contenimento,– per abrogare le norme che impediscono di erogare acqua e luce agli immobili occupati (fra l’altro, come fanno gli/le occupanti a lavarsi spesso le mani, seguendo le prescrizioni anti-contagio?),– per far sì che i campi Rom abbiano a disposizione cibo e acqua (e non ci si limiti ad un controllo poliziesco, perché nessuno possa uscirne),– perché ci si faccia carico dei senza dimora trovando una collocazione che eviti loro di contagiarsi e di contagiare. È evidente che occorre in proposito un piano straordinario a livello comunale, che metta insieme tutte le risorse e le energie disponibili, mettendo in campo il patrimonio immobiliare pubblico non utilizzato e lo strumento delle requisizioni (vedi le proposte di “Firenze città aperta”), al fine di avere strutture disponibili per coloro che devono essere messi in quarantena, per la redistribuzione delle persone in condizioni di sovraffollamento, per dare un’abitazione provvisoria a chi ne è privo. Solo così si possono mettere le basi per una fuoruscita dall’emergenza che non sia riservata soltanto a coloro che sono “garantiti” e dia piena attuazione a quei principi di umanità e di solidarietà che dovrebbero essere la bussola della nostra azione (e non soltanto nei momenti di crisi). Moreno Biagioni #CronacheDalFuturo

Breve cronaca giudiziaria in tempi di epidemia (a lieto fine)

2 Aprile 2020
C’è un Giudice a Firenze… Breve cronaca giudiziaria in tempi di epidemia (a lieto fine) C’è un’azienda “leader nel settore della consegna a domicilio di pranzi e cene” che vanta partnership con i migliori ristoranti e che assicura di portarti a casa tutto quello che desideri, dalle tagliatelle della nonna alle prelibatezze di uno chef stellato. Un’azienda che vanta “milioni di clienti” in tutto il mondo e sedi in ogni parte del pianeta e forse anche oltre. C’è poi un rider per il quale l’emergenza è come se non ci fosse, pedala come prima, lavora come prima, stessi turni massacranti, stessa fatica, stessa miseria di paga. Anzi lavora forse di più, ché tutti vogliono stare al sicuro a casa con marito/moglie e figli, evitando magari anche di fare la spesa, tanto c’è il rider che mi porta a casa da mangiare. Il rider, venuto da chissà quale parte delle Terra, si sogna di fare una richiesta impensabile, lasciando tutti sbalorditi: ma i dispositivi di sicurezza?! Possibile che non ci diano almeno dei guanti, una mascherina, un disinfettante per i contenitori? Insomma è matto. In questi tempi di emergenza va ad impuntarsi su questi cavilli. Ha voglia di lavorare o no? Ma la Madreterra che l’ha portato sino a Firenze per chissà quali percorsi deve avergli insegnato in qualche momento della sua vita che la vita è dignità e quindi che anche il lavoro è dignità. Che vuol dire anzitutto rispetto per sé stessi. E allora il rider si impunta a fa una cosa davvero folle. Si rivolge al Tribunale del lavoro di Firenze, in un periodo in cui, per di più, i Tribunali sono chiusi e le udienze sospese. Il Tribunale del lavoro di Firenze, ritiene che la questione debba essere affrontata nonostante la chiusura delle aule di giustizia poiché ha ad oggetto “la tutela di diritti fondamentali della persona”, visto il “rischio di un possibile contagio”, ritiene che le norme sulla sicurezza sul lavoro si applichino anche ai riders e senza neanche convocare l’azienda in pochi giorni le “ordina” di consegnare immediatamente i dispositivi di sicurezza indispensabili per proteggere la salute del lavoratore. Il piccolo rider ha vinto molto di più che una mascherina ed un paio di guanti. Perché ci ha dato coraggio in un tempo buio, ricordandoci che la strada dei diritti non deve conoscere ostacoli, non deve fermarsi neppure davanti ad una multinazionale, neppure davanti all’imperatore. Anche in questa notte, bisogna crederci. #CronacheDalFuturo

Requisire per meglio curare

31 Marzo 2020
A Firenze 1.000 posti letto per la quarantena di contagiati, sorvegliati e persone a rischio? SI PUÒ FARE!Costa meno in termini di vite perse e di denaro speso. Scarica il testo integrale della proposta in PDFScarica il volantino In queste ore l’attenzione di tutte le istituzioni è giustamente centrata sull’emergenza sanitaria, per tamponare agli effetti di un decennio di tagli del SISTEMA SANITARIO NAZIONALE che ci ha fatto trovare impreparati. E questa impreparazione è ancora più evidente per quanto riguarda la produzione dei DISPOSITIVI DI SICUREZZA.I teorici della spending review in campo sanitario che hanno tagliato e ridotto le capacità del pubblico affidandosi progressivamente al privato per subentrare e poter teoricamente sopperire alle mancanze dello Stato, cosa direbbero oggi? È ormai sotto gli occhi di tutti e tutte che se riuscissimo a calcolare i costi sociali, economici e umani che sosteniamo e dovremo sostenere nei prossimi mesi per l’emergenza Covid19 questi sarebbero di molto superiori rispetto al ‘risparmio’ ottenuto dai tagli alla Sanità in Italia. Siamo di fronte ad un’azione profonda e necessaria da condurre ad ogni livello. I comuni, ed in particolare gli enti di medie dimensioni e quelli che, come il Comune di Firenze, non vi hanno provveduto ancora, visto l’esplosione dell’emergenza, possono fare molto per prepararsi al periodo di gestione della quarantena ed evitare che la pandemia si sviluppi oltre. Questo lo si deve fare anche prevedendo di poter aiutare gli altri territori più in difficoltà. Ne usciremo quanto prima riusciremo a comprendere che non esistono più confini a proteggerci. La gestione della quarantena e dell’allontanamento da situazioni di rischio è e sarà fondamentale, sia per le persone contagiate che per i familiari che sono le prime persone esposte da non obbligare alla convivenza forzata che può diventare causa di ulteriore contagio. A questo proposito abbiamo trovato di particolare interesse l’articolo pubblicato dal Presidente dell’accademia dei Lincei Giorgio Parisi. Ad oggi il Comune di Firenze, tramite una convenzione della Regione con gli alberghi, ha comunicato di avere reperito alcune centinaia di camere, al prezzo giornaliero tra €30,90 i €38 oltre al costo dei servizi necessari. È una misura utile, non c’è dubbio, ma che sarebbe stata adeguata ad una situazione ordinaria. In questa fase NON BASTANO le misure ordinarie.  Siamo in una situazione di emergenza dove ogni euro deve esser speso ottenendo il massimo beneficio, tramite l’utilizzo di ogni strumento messo a disposizione dalla normativa emergenziale, comprese appunto le requisizioni. #NIENTESARAPIUCOMEPRIMA Tante e tanti fiorentini, nel silenzio, hanno messo a disposizione di medici, infermieri e personale sanitario, i propri alloggi vuoti, di norma locati a turisti, anche gratuitamente, avendo scelto di sostenere così chi sta salvando le vite. CHIEDIAMO che la stessa cosa sia fatta dalle grandi proprietà che gestiscono enormi patrimoni immobiliari (banche, curia, assicurazioni). Certo c’è bisogno di attenzione e studio. Non ogni immobile va bene, non qualunque spazio può essere utile ad ogni tipo di situazione e persona da accogliere. Ovvero se per le famiglie che hanno necessità di spostarsi dall’abitazione per stare lontano dal familiare

Oltre 300 firme per la salute di tutti e la pace

29 Marzo 2020
L’appello lanciato dall’associazione politica Firenze Città Aperta già ha raccolto più di 300 firme. S’intitola Emergenza Coronavirus: Firenze città operatrice di pace per il blocco delle produzioni militari ed è indirizzato al Presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, al Sindaco di Firenze Dario Nardella e alla Prefetta di Firenze Laura Lega. La richiesta: le Istituzioni Locali e la Regione si adoperino perché la produzione di armi venga immediatamente esclusa dalle produzioni ritenute essenziali e, conseguentemente, si consenta ai lavoratori impegnati in questo settore di stare a casa. Nell’emergenza che stiamo attraversando, di fronte alle vistose falle del nostro sistema sanitario, di fronte a un’area sempre più vasta di cittadine e cittadini in gravi difficoltà economiche, di fronte alla necessaria chiusura di molte attività produttive e commerciali, le industrie di armi continuano indisturbate a costruire strumenti di distruzione. È il momento di dire basta, di fermare la produzione bellica, di riequilibrare il sistema di priorità del nostro paese, mettendo al primo posto la difesa e la promozione della salute di tutte e di tutti, la difesa dei diritti del lavoro, una reale redistribuzione delle ricchezze. Per questi motivi l’associazione Firenze Città Aperta ha lanciato l’appello Emergenza Coronavirus: Firenze città operatrice di pace per il blocco delle produzioni militari, che si pone come punto di partenza per chiedere al Governo italiano, da ora e nei prossimi mesi, di fermare la produzione e il commercio di armi, di ridurre drasticamente le inutili spese militari destinando tali fondi a settori ben più vitali del bilancio statale, di progettare una riconversione dell’industria bellica verso produzioni socialmente utili. La petizione è stata pubblicata su Change.org e ha rapidamente ottenuto la positiva accoglienza di centinaia di firmatari indignati. Di seguito il testo integrale dell’appello: Emergenza Coronavirus: Firenze città operatrice di pace per il blocco delle produzioni militari. Chiudiamo lo stabilimento degli F-35 e tutti gli impianti delle produzioni militari! Riteniamo che la produzione di armi – già da impedire o, quanto meno, limitare, in tempi normali – sia assolutamente da bloccare oggi a causa del Coronavirus e che vada tolta immediatamente dalle produzioni ritenute essenziali. Come sostiene la campagna lanciata da Sbilanciamoci, Rete della Pace e Rete Italiana per il Disarmo, a cui aderiamo, le fabbriche vanno immediatamente chiuse e va chiuso, fra gli altri, lo stabilimento di Cameri (Novara), che produce e assembla i caccia F-35, gli aerei da guerra di cui andrebbero definitivamente impediti sia la produzione, sia l’acquisto. Lo stabilimento di Noveri è ancora aperto nonostante due lavoratori siano già stati riscontrati positivi al Coronavirus. Anche le aziende militari dell’area fiorentina, a partire dalla Leonardo (ex Galileo), devono chiudere immediatamente e per questo chiediamo l’intervento della Prefetta di Firenze. Pensiamo anche che il blocco da noi richiesto debba essere anche uno stimolo per considerare seriamente la riconversione delle fabbriche che producono armi e sistemi d’arma. Chiediamo alla Regione Toscana e alle Istituzioni Locali di intervenire in appoggio a questo nostro appello e di adoperarsi perché l’emergenza attuale sia finalmente l’occasione per l’applicazione dell’Articolo 11

Resistere all’emergenza: il lavoro nei provvedimenti del governo in materia di Coronavirus

24 Marzo 2020
Care e cari Vi invitiamo a partecipare martedì 24 Marzo alle 18:30 al seguente video-incontro “Resistere all’emergenza: il lavoro nei provvedimenti del governo in materia di Coronavirus“ conavv. Danilo Conte, giuslavoristaprof. Giovanni Orlandini, Università di Sienadel “Centro Studi Diritti e lavoro flash“ Testo in PDF del DECRETO-LEGGE 17 marzo 2020, n. 18. PER PARTECIPAREDato che i numeri sono limitati dalla piattaforma, chiediamo di inviare una conferma di partecipazione a: firenzecittaaperta@gmail.com Altrimenti, se sono rimasti posti disponibili, puoi collegarti all’ora precisa a questo link. Se richiesto Numero riunione (codice di accesso): 146 138 810Password riunione: nUKnnMuq372 Da PC o smartphone di sarà richiesto di installare un programma o app per eseguire un’applicativo. È assolutamente normale e si tratta di servizi sicuri; se utilizzate smartphone consigliamo l’uso di internet tramite wireless dato che si utilizza una quantità di banda rilevante.Si consiglia l’uso di cuffie. Firenze Città Aperta Foto di rottonara da Pixabay

Il Sindaco Nardella: ossessionato dal controllo, ma disinteressato al rischio di chi lavora

23 Marzo 2020
COMUNICATO STAMPA DI FIRENZE CITTÀ APERTA – 23/03/2020 L’associazione politica Firenze Città Aperta: “il Sindaco Dario Nardella chieda al Prefetto di verificare la chiusura di tutte le attività non essenziali. E ancora: avvii i controlli nelle aziende aperte e chiuda quelle non in regola. Il tempo di mostrare che le Istituzioni Locali hanno un ruolo nella gestione della crisi sanitaria è adesso. Da questa mattina migliaia di lavoratrici e lavoratori di Firenze si trovano a fronteggiare l’incerta applicazione dell’ultimo Decreto del Presidente del Consiglio Conte, che lascia molti aspetti indeterminati e troppe aziende aperte. Mentre il Parlamento e i Consigli Comunali limitano o interrompono le loro attività per proteggersi dal contagio, non vediamo la stessa attenzione per i lavoratori e le lavoratrici. La chiusura delle attività non essenziali va applicata con immediata prontezza e nella maniera più severa possibile. Ci aspetteremmo che il Sindaco Nardella parlasse di questo e che attivasse la macchina comunale per l’ottenimento di questo risultato, finalizzato a bloccare l’espansione della pandemia. Invece anche oggi rilascia dichiarazioni finalizzate solo alla sorveglianza dei cittadini, reclama l’esercito, richiede al prefetto l’utilizzo di software illeciti per rilevare assembramenti. Nemmeno una parola e un’azione per chi lavora, per chi deve prendere i mezzi pubblici, per il controllo della situazione di sicurezza nelle aziende, comprese quelle connesse ad attività essenziali. Il decreto permette alle aziende persino di comunicare aperture in deroga al decreto stesso: questa opportunità è francamente inaccettabile. Ma anche su questo nulla, mutismo totale! Eppure lo sa bene anche Lei, Sindaco Nardella: o non è forse per questa ragione che ha firmato e inviato al Presidente del Consiglio Conte e al Presidente della Regione Rossi una lettera in cui si chiede: “che sia fatto uno sforzo ulteriore: quello della chiusura, sull’intero territorio nazionale, di tutte le attività che non facciano parte del settore alimentare, medicale o sanitario, e delle relative filiere di produzione e di distribuzione o dell’informazione e degli altri settori essenziali”? Ricordiamo ancora una volta che il Sindaco ha il compito istituzionale di garantire la salute pubblica. Ci sono una serie di azioni che il suo ruolo gli consente e dato che a lui non sono venute in mente gliele suggeriamo noi. Sia coerente, Sindaco: chieda al Prefetto di NON autorizzare alcuna deroga; concordi col Prefetto un piano di verifiche sanitarie nelle aziende aperte e un piano di monitoraggio nelle aziende pubbliche; comunichi alle aziende che NON permetterà alcun abuso; apra un tavolo permanente con le organizzazioni sindacali. Le nostre strade sono vuote di cittadini e piene di telecamere, di mezzi militari e di Polizia Municipale. Usiamo queste risorse non per minacciare e sorvegliare i residenti, ma per verificare che le lavoratrici e i lavoratori non rischino la propria salute e quella degli altri per raggiungere il luogo lavoro e, una volta arrivati, all’interno di esso. Sappiamo che Dario Nardella è fiero del numero di telecamere installate in città. Noi invece vorremmo che comunicasse i numeri: dei nostri concittadini che possono NON rischiare la vita stando a casa;

Il Sindaco di Firenze non nasconda la testa sotto la sabbia

21 Marzo 2020
COMUNICATO STAMPA DI FIRENZE CITTÀ APERTA – Firenze 21/03/2020 “Il Sindaco di Firenze non nasconda la testa sotto la sabbia. La salute e la sicurezza dei lavoratori e delle lavoratrici viene prima del profitto!” È con queste parole che l’associazione politica Firenze Città Aperta chiede al Sindaco di Firenze Dario Nardella di intervenire per la chiusura immediata di tutte le aziende con l’esclusione solo di quelle strettamente indispensabili e comunque di tutte le aziende che non siano in grado di garantire la massima sicurezza ai lavoratori e alle lavoratrici. I sindaci sono responsabili della salute pubblica nelle città che amministrano. Ne sono consapevoli quei sindaci della provincia fiorentina che hanno già accolto la richiesta proveniente da diversi sindacati di intervenire per far chiudere le aziende che non garantivano le condizioni di sicurezza assolutamente indispensabili per continuare la produzione. Questa giusta rivendicazione si sta levando sempre più forte da più parti a livello nazionale. Ma non basta: oggi più che mai è necessario chiudere tutte le aziende che operano in settori non essenziali. Continuare a far muovere ogni giorno milioni di persone per raggiungere fabbriche e uffici rischia di rendere inutili i provvedimenti governativi e vanifica gli sforzi che il Paese sta facendo in questo momento. Se il Governo è già intervenuto con vari decreti, le Istituzioni Locali hanno tutto il diritto e – aggiungiamo noi – anche il dovere di chiedere alle aziende che non sono in grado di rispettare le condizioni di sicurezza di chiudere e sanificare gli ambienti, in quanto possibile elemento di rischio per la salute dei lavoratori e, quindi, di tutta la comunità. Inoltre, i Sindaci possono avere un ruolo nell’assicurare controlli in particolare nelle piccole e medie imprese che, a differenza delle grandi fabbriche sindacalizzate, potrebbero non ottemperare alle disposizioni nazionali. Allo stesso modo, è necessario controllare che le normative di sicurezza siano rispettate in materia di trasporto pubblico locale sia per quanto riguarda il contingentamento dei passeggeri, sia per quanto attiene alla pulizia dei mezzi. Dopo gli esempi dei sindaci di Sesto Fiorentino e Campi Bisenzio, chiediamo a Dario Nardella di non nascondere la testa sotto la sabbia e decidersi a difendere la salute pubblica non solo con ordinanze che sorvegliano lo spostamento dei singoli, ma andando alla radice del problema: ossia la difesa del lavoro e della sua dignità. L’associazione Firenze Città Aperta Portavoce Daniela Chironi e Francesco Torrigiani Presidente Andrea Bagni Foto di joffi da Pixabay

Siamo in guerra: un messaggio sbagliato alla cittadinanza

19 Marzo 2020
Siamo in guerra, ci ripetono dalla Giunta di Firenze. Tutto quel che viene fatto è quindi necessario, senza possibilità di replicare, sembra si voglia implicitamente intendere. Così vorrebbero che apprendessimo passivamente di un gruppo di container in un parcheggio scambiatore, per accogliere eventuali persone affette da COVID-19. Si sta realizzando quest’area di emergenza in viale Guidoni, nonostante la città sia svuotata dagli insostenibili flussi turistici a cui era sottoposta. Tra i provvedimenti nazionali per far fronte all’emergenza che stiamo attraversando c’è anche quello che offre la possibilità di requisire immobili per sei mesi (o periodi superiori se la crisi non si risolverà positivamente in questo lasso di tempo). Si è già fatto tutto il possibile in questo senso? Perché un campo allestito in 48 ore manda un messaggio sbagliato alla cittadinanza. Soprattutto se a chi solleva dubbi si risponde: così è, punto. Governare in emergenza vuol dire farlo con senso di responsabilità e capacità di ascolto. Aver pensato a questo campo di accoglienza con i container come risposta a una possibile emergenza è un errore. Quanti immobili erano destinati a struttura ricettiva e ora sono vuoti? Il bisogno delle persone e la loro dignità devono essere tutelati, come la salute pubblica! Dmitrij PalagiConsigliere Comunale di Sinistra Progetto Comune Ascolta il podcast: le perplessità di Dmitrij Palagi su Nova Radio

“Firenze città aperta”: un sogno, un desiderio, un programma per il futuro.

16 Marzo 2020
La città è come in pausa, semi vuota oppure in coda, sorprendentemente ordinata, a distanza di sicurezza davanti ai supermercati, ognuna/o con il suo carrello, qualche volta con un libro da leggere nell’attesa. Poi alle 18 arrivano i notiziari della protezione civile, che sembrano bollettini di guerra. Da settimane vedevamo scene orribili, di spaventosa disumanità, alle frontiere della Grecia, sulle coste delle sue isole. Fucili e bastoni contro persone disperate che tendevano le braccia, pronte a ringraziare, da barche sovraffollate. Bambine e bambini oltre muri e fili spinati. Il virus da cui ci si voleva difendere era quello della disperazione, della sofferenza umana: il bisogno e la speranza di una vita migliore che spinge a partire – che ha sempre spinto a partire. Poi è arrivato il coronavirus, che non conosce frontiere né muri, viaggia sulle ali della libertà sempre riconosciuta alle merci (solo alle merci) dal neoliberismo, che ha da tempo contagiato il mondo con la sua razionalità economicistica, producendo solitudini, distruggendo natura e paesaggio, azzerando protezioni sociali. Diceva Margareth Tatcher che la società non esiste, esistono solo gli individui. Ognuno deve essere imprenditore di se stesso in una competizione universale. Adesso l’universale è arrivato in forma di virus. Adesso si scopre che nessuno si salva da solo. Che la nostra salute (salute-saluto-salvezza, come per i poeti antichi) dipende dalle altre e dagli altri, dalla comunità cui apparteniamo. Che avere tagliato in nome delle privatizzazioni risorse e posti letto negli ospedali pubblici, il personale e i reparti di terapia intensiva, mette in pericolo le nostre possibilità di vita. Non si è infermieri medici o anestesisti di se stessi. E tutto questo distrugge lavoro, artigianato e partite IVA, negozi e attività commerciali. Lascia le lavoratrici e i lavoratori dei servizi, i precari, gli operai delle fabbriche, quasi indifesi di fronte al pericolo del contagio. Gli ultimi, di nuovo, servi delle macchine e dell’economia come nel mondo prima del Novecento. Si torna improvvisamente a paure antiche, che riportano alle origini, al bios. La minaccia del contagio ci riconsegna alla nostra natura fragile, precaria. Rimette in scena il nostro corpo, il respiro, le parole, le mani. La nostra vulnerabilità. Il bisogno che abbiamo per esistere di appartenere a una comunità che ci accoglie, ci mette nel mondo e ci protegge. Ci fa diventare quello che siamo, con la nostra individualità e la nostra storia. Ci riconosce e ci permette di conoscerci. Nell’emergenza cresce un’etica dell’aiuto reciproco che ci unisce e si mostra dalle finestre e dai balconi. Nelle lenzuola che abbiamo visto esposte davanti agli ospedali di Firenze in cui si ringraziavano tutte e tutti gli operatori che assistono i malati. Adesso, nell’epoca della post-verità, dove sembra si possa dire qualunque cosa e la conoscenza è considerata roba da “professoroni” buona per i salotti delle élite, medici e ricercatori sono diventati la nostra speranza. Un po’ tardi, considerato come i governi hanno trattato la ricerca in questi anni. Ma la scienza sembra ritrovare la sua autorevolezza. Firenze Città Aperta è vicina a

Lo statuto dei miserabili

10 Marzo 2020
Le rivolte nelle carceri italiane innestano, nella delicata situazione dell’emergenza per il Coronavirus, inedite manifestazioni, ma non nuove esigenze. Da circa quarant’anni, infatti, non accadeva di vedere scoppiare sommosse in decine di istituti penitenziari. In carcere la vita quotidiana è debolmente sospesa a un filo di speranza: un sorriso, una visita, la prospettiva di poter uscire e ricominciare. Quando in carcere scoppia una rivolta, significa che quel debole filo si è rotto trasformando la speranza in disperazione. Il sovraffollamento carcerario ormai registra una media nazionale del 119% (ma in alcuni istituti si arriva al 200%) sulla capienza regolamentare – presumibilmente calcolata tenendo conto degli spazi comuni e di quelli occupati dai letti. Tra i detenuti i suicidi nel 2019 sono stati 53. Sul corpo di polizia penitenziaria, già sottoposto a turni e a condizioni di lavoro duri, si riversano le conseguenze della condizione in cui versano i detenuti. Anche tra le fila degli agenti i casi di suicidio sono alti (un centinaio negli ultimi 10 anni). Il Pianeta Carcere è tutto qua, nei numeri del collasso e nei centimetri a disposizione per compiere il percorso rieducativo. Facendo finta che le leggi adottate dallo Stato per l’organizzazione della vita penitenziaria siano rispettate. Chiunque conosca il carcere sa perfettamente che chi fomenta rivolte e tiene in ostaggio qualcuno va punito con severità. L’emergenza odierna ha, però, messo a nudo il problema principale: l’umanità assente nelle relazioni tra Stato e istituti. La repressione violenta come unica risposta alle sommosse porterà a interrompere l’escalation, lasciando invariato e urgente il problema principale. Il virus ha cambiato la nostra percezione degli avvenimenti, inibendo le nostre già scarse difese immunitarie dall’irrazionalità. Rinunciare a una stretta di mano per noi comporta un transitorio imbarazzo. In carcere è molto di più. Un’operatrice del carcere di Foggia, ha spiegato che il saluto e la stretta di mano, sempre e comunque, sono tra le regole non scritte del carcere: “Non è stanca abitudine, l’ostentazione di un’educazione in parte ritrovata, a tratti forzata. Non era, non è, ubbidienza alla realtà ristretta”. Stringersi la mano per riconoscersi la dignità di esseri umani pur in quei pochi centimetri di spazio che stanno tra le sbarre e il cesso. Cosa si potrebbe fare? La popolazione detenuta ha per tradizione scarsa fiducia nelle promesse. Le rivolte sono iniziate per la decisione del Dap di interrompere i colloqui con i familiari. Una misura necessaria a contenere il pericolo contagio. I collegamenti Skype non sono, però, materia di qualche giorno: occorre trovare i computer, avere la connessione di rete, organizzare la turnazione tra i detenuti in maniera da evitare ulteriori problemi. Un progetto che ha bisogno di mesi (e di cui, peraltro, si parla già da qualche anno). S’ipotizzano un’amnistia e soprattutto un indulto, ma anche per avviare il delicato meccanismo istituzionale a ciò necessario occorrono mesi e mesi. E allora? Riccardo De Vito, magistrato di sorveglianza e presidente di Magistratura Democratica, ha spiegato che si potrebbe pensare alla “detenzione domiciliare fino a 2 anni, dopo aver accertato

Buon LOTTO MARZO a tutte!

8 Marzo 2020
Viviamo giorni di grande preoccupazione. Oggi è l’8 marzo, la festa delle donne, trasformata dai movimenti femministi in “sciopero globale” delle donne. Noi italiane non potremo manifestare, ma con il cuore e la mente siamo con le centinaia di migliaia che ancora combattono per una società nuova, libera e felice. In questa giornata eccezionale, di preoccupazione e insieme di lotta, il pensiero di Firenze Città Aperta va a tutte le lavoratrici e i lavoratori del sistema sanitario #pubblico e dell’amministrazione cittadina; alle volontarie e ai volontari delle associazioni di solidarietà e a tutte/i coloro che si stanno infaticabilmente prodigando per affrontare la crisi. Siamo solidali con chi, nella difficile situazione attuale, ha già perso il lavoro o ha lo stipendio sospeso. Oggi lottare significa anche chiedere a gran voce che i governi di ogni livello (locale, regionale e nazionale) si adoperino per salvaguardare i posti di lavoro e sostenere le fasce più deboli della popolazione. E lottare insieme significa anche, e soprattutto, che tutti e tutte in questi giorni adottiamo comportamenti responsabili e solidali. L’unità e la solidarietà sono l’unica via verso una società nuova, libera e felice: ce lo insegnano le donne. Buon LOTTO MARZO a tutte! Foto di Michal Jarmoluk da Pixabay

La tramvia da Piazza della Libertà a Bagno a Ripoli

13 Dicembre 2019
Firenze Città Aperta è favorevole alla nuova linea tramviaria che collegherà Piazza della Libertà e Bagno a Ripoli. La tramvia ha infatti il pregio di togliere spazio alle auto, disincentivando il traffico privato. Tuttavia, rileviamo anche le criticità insite nel progetto e la necessità di alcuni significativi miglioramenti. Sia i problemi che i margini di miglioramento sono legati all’esigenza di una maggiore integrazione e interconnessione trasversale con la rete ATAF, con il sistema ferroviario metropolitano, con la rete ciclabile e con il traffico su gomma. Si tratta di un’opera che ha un impatto significativo su tutta la città e che implica una quantità di investimenti economici impressionante. Per questi motivi, non può rimanere ancorata a un progetto di vent’anni fa, sebbene la giunta comunale non mostri l’intenzione di ridiscuterlo e ripensarlo nel confronto con chi ha avanzato critiche costruttive specifiche e puntuali. L’insistenza dell’attuale amministrazione sulla tramvia come unica risposta al problema della mobilità ci pare limitante, soprattutto all’indomani della sentenza del Consiglio di Stato che stabilisce la corretta assegnazione tramite gara della gestione dei servizi su gomma ad AutolineeToscane, a scapito di Mobit. Al contrario, pensiamo che sia irrimandabile la pianificazione di un trasporto pubblico ben integrato tra tramvia, autobus e minibus elettrici, ferrovia, bicicletta e gomma, e sottolineiamo l’importanza di creare parcheggi scambiatori gratuiti per lavoratori, studenti e pendolari. Nel frattempo aumentano i km di piste ciclabili, ma senza una reale interconnessione né una loro efficiente integrazione con il sistema di trasporto cittadino. Le piste ciclabili si fanno dove c’è posto, giusto per aumentarne i km, ma non dove realmente servirebbe. Meglio che nulla? Non ci basta! E non ci basta l’attenzione alla sicurezza stradale: la mortalità di pedoni e ciclisti è in aumento: ribadiamo la necessità di allargare la zona a 30km/h, di realizzare più attraversamenti pedonali e ciclabili rialzati e debitamente illuminati e segnalati e di adeguare quelli esistenti. Insomma tramvia sì, ma nel contesto di un piano integrato di mobilità pubblica serio e capillare, come abbiamo già sostenuto nel nostro programma elettorale. Il nostro programma. Firenze Città Aperta Immagine di MarcusObal – Opera propria, CC BY-SA 3.0

Salvini e Bocci ci attaccano per la nostra bandiera “Grazie Carola”

30 Luglio 2019
Il Ministro della Paura continua la sua campagna sulla pelle dei migranti: domenica ha deciso di attaccare noi di Firenze Città Aperta e Sì – Toscana a Sinistra per aver esposto la nostra bandiera “Grazie Carola”. Sotto leggete le nostre risposte. Informiamo Matteo Salvini che non solo ringraziamo Carola, ma anche Mediterranea, i pescherecci e tutte le persone che ci fanno rimanere umani e, a differenza di lui, non ci fanno vergognare di essere italiani, europei e cittadini del mondo.. Salvini attacca Firenze Città Aperta e Sì – Toscana a Sinistra. Non lo paghiamo per questo, ma evidentemente non gli riesce proprio di lavorare. Ora saremo oggetto di attacchi di haters, finti omuncoli e qualche fascistello. Siamo in una lista prestigiosa insieme a Carola, Saviano, Montanari e tante altre persone per bene. Cari leghisti è bene che iniziate ad avere paura degli italiani. Non avete fatto un solo provvedimento a favore degli italiani, siete servi dei padroni, come tutti quelli che hanno comandato sino ad oggi. Siete fatti della stessa pasta. Ma presto vi chiederemo il conto. E lo zero del vostro bilancio certificherà la vostra nullità Ovviamente si sono scatenati i commenti sulla nostra pagina e la ciliegina sulla torta del degrado umano è stato l’intervento di Bocci (di cui riportiamo il virgolettato per chiarezza). Bocci scrive: “Trova le differenze: I compagni della sinistra in Regione Toscana “celebrano” la capitana Carola finita davanti ai giudici accusata di una serie di gravi reati, ma si dimenticano i funerali del vice brigadiere Mario Cerciello Rega. Complimenti… A Palazzo Vecchio, su mia proposta come portavoce del centrodestra, la bandiera col giglio è stata messa a mezz’asta e il Gonfalone della città di Firenze listato a lutto in concomitanza coi funerali del nostro Carabiniere ucciso barbaramente a Roma” A cui non abbiamo fatto mancare una nostra replica “l’Ex candidato sindaco Ubaldo Bocci scimmiotta Salvini nell’attaccarci credendo di onorare la morte del vice brigadiere Mario Cerciello Rega contrapponendo la sua uccisione all’immagine di Carola, che ha come unica “colpa” di aver salvato delle vite… come se i carabinieri non dovessero salvare vite, come se fosse un qualcosa di cui vergognarsi. Ma chiaramente le strumentalizzazioni e le contraddizioni non spaventano Bocci che in campagna elettorale sbandierava la madonna di Lourdes e che oggi strumentalizza la morte di un servitore dello stato per prendersela con chi salva naufraghi. Crocifissi, madonne o carabinieri: va bene tutto se serve a guadagnare qualche like per la propria macchina del fango.” Nel frattempo in consiglio comunale il nostro Dmitrij Palagi depositava interrogazione urgente proprio sulle reazioni delle destre all’omicidio del vice brigadiere, sulla strumentalizzazione a sfondo razzista e xenofoba della sua morte. Qui la sua spiegazione dell’avvenuto. Oggi in aula abbiamo provato a chiedere di non strumentalizzare la morte di un funzionario dello Stato. Spiace leggere… Dmitrij Palagi paylaştı: 29 Temmuz 2019 Pazartesi Qui il comunicato stampa sul sito del comune. https://www.comune.fi.it/comunicati-stampa/omicidio-vice-brigadiere-cerciello-rega-palagi-e-bundu-spc-presa-di-posizione
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UNA IMMIGRATA LA PRIMA VITTIMA: IL PREFETTO RITIRI L’ORDINANZA ZONE ROSSE

19 Aprile 2019
Qui la notizia: la nazione-zone rosse 19.04.19 Ritiratela. Non avete altra via d’uscita per salvare la faccia. Il prefetto ritiri l’ordinanza e il sindaco chieda scusa alla città per aver applaudito ad un provvedimento liberticida, incostituzionale e autoritario. Ve lo hanno già chiesto l’ordine degli avvocati e la magistratura. Oggi che la prima vittima del provvedimento è una tranquilla lavoratrice che aspettava l’autobus ve lo chiede anche il buon senso. Salvini, Nardella, i vostri provvedimenti antidegrado oscillano tra la tragedia ed il ridicolo. Chi non sa risolvere i veri problemi, chi non sa governare ed amministrare, se ne torni a casa. Lista Firenze Città aperta
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LA TUA FIRMA PER LA LISTA FIRENZE CITTÀ APERTA!

18 Aprile 2019
È partita la raccolta di firme per la presentazione della lista Firenze Città aperta! Deve concludersi entro martedì 23 aprile con almeno 500 firme raccolte. Ecco qui la lista: LISTA FCA Comune di Firenze 2019 I tempi sono stretti e si richiede il contributo attivo di tutte e tutti. Chi è candidato/a in liste (per Comune o Circoscrizione) non può ovviamente firmare ma si impegna a portare altre persone! Firma chi è residente a Firenze ed ha compiuto 18 anni I punti di raccolta sono il Circolo ARCI Porta al Prato e il Circolo Il Progresso (via Vittorio Emanuele) Per il circolo di Porta al Prato (via Porte Nuove 33) siamo presenti da martedì 16 a sabato 20 nei seguenti orari: da martedì a venerdì ore 17,30- 22 sabato ore 9,30-13,30 Affiancheremo anche la raccolta in alcuni luoghi pubblici, in particolare mercati, in orari specifici, in via di definizione. VIENI PRIMA POSSIBILE!
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Bocci: a scuola di Costituzione!

18 Aprile 2019
Il signor Bocci, candidato a Sindaco di Firenze per lo schieramento di destra, ha dichiarato che non parteciperà alla Festa della Liberazione il 25 Aprile. Eppure in questa ricorrenza si riconoscono tutte le forze che hanno combattuto il fascismo, dato vita alla Resistenza, elaborato la Costituzione. Verrebbe spontaneo consigliare al signor Bocci un corso intensivo ed accelerato di scuola serale perché apprendesse cosa è stato il fascismo, da chi era composto il CLN (Comitato di Liberazione Nazionale), da chi, per rimanere a livello locale, è stata liberata Firenze, quali sono i principi antifascisti affermati dalla Carta Costituzionale. Ma sappiamo bene che lui sta dall’altra parte, dalla parte di quanti negano che la vita democratica di questo Paese abbia le sue radici nella Resistenza e nella Costituzione, vorrebbero tornare ad un regime autoritario ed oppressivo, strizzano l’occhio ai fascisti del terzo millennio di Casa Pound che portano avanti, come sta facendo il Ministro dell’Interno, politiche discriminatorie e razziste. Per tutti questi motivi il signor Bocci è incompatibile con la carica di Sindaco di Firenze, città medaglia d’oro per il ruolo svolto nella Resistenza. Lista FIRENZE CITTÀ APERTA