Pensavamo di vivere l’emergenza della guerra in Ucraina, l’emergenza sociale che sta esplodendo, l’emergenza climatica che non si può più nascondere. E scopriamo, da tutti i media, che l’unica emergenza del nostro paese è la tenuta del governo Draghi. A questo coro supplicante stanno partecipando forze politiche, imprenditoriali, associative, categorie professionali, sindaci.
Stiamo sbagliando? No. È una situazione che ci sbalordisce e ci preoccupa. Sbalordisce perché mostra un nucleo di interessi del tutto staccato dalla situazione sempre più difficile del paese, colpito dagli stipendi bassi e dalla precarizzazione crescente, lavorativa, sociale, sanitaria, educativa, ambientale. Ci preoccupa perché mostra una saldatura intorno a politiche conservatrici e paternalistiche e manifesta chiaramente il rifiuto di ogni dialettica democratica come quella aperta – in ritardo – dal M5S.
È evidente il peso delle relazioni internazionali e dei rapporti con gli USA: Draghi è un protagonista, nella situazione di guerra, della trasformazione dell’Unione Europea in appendice della NATO.
Su Draghi e cosa rappresenta (lo abbiamo definito draghismo) ci siamo espressi più volte:
aprile 2021 https://www.firenzecittaaperta.it/firenze-citta-aperta-sul-governo-draghi/
giugno 2021 https://www.firenzecittaaperta.it/firenze-citta-aperta-sul-governo-draghi-e-loperato-di-nardella/
Sono sempre attualissimi.
Ora ci interessa riprendere 2 aspetti:
ASPETTO SIMBOLICO: Draghi rappresenta una scelta di restaurazione oligarchica. Se la pandemia ha mostrato i fallimenti di trent’anni di politiche liberiste, la scelta del Presidente della Repubblica di affidare l’incarico ad uno dei massimi protagonisti di quel periodo è una scelta politica grave, una scelta d’ordine. Alla necessità di maggiore uguaglianza e stato sociale, si risponde con un paladino della diseguaglianza, comunicando in sostanza che solo un’oligarchia può gestire il paese. Se anche una dose minima di protezione sociale (su reddito e altro) non potrà essere completamente cancellata, sarà però del tutto funzionale al disegno autoritario, neoliberista e conservatore.
ASPETTO DEMOCRATICO: la decisione di chiamare Draghi al vertice di governo, con la definizione del “governo dei migliori”, ha avuto il sapore di una radicale delegittimazione del ceto politico italiano, nella sua totalità. È una scelta che ha sancito la delegittimazione della politica rappresentativa, dei meccanismi democratici.
In questo contesto si inserisce la CRONACA DI QUESTE ORE. Draghi pur avendo la fiducia si presenta dimissionario (in un contesto completamente al di fuori del nostro quadro costituzionale), parte la campagna mediatica di santificazione di Draghi unita al tentativo, altrettanto martellante, di distruggere la credibilità politica di Conte, colpevole, in fondo, soltanto di aver chiesto qualche timida misura progressista al governo che appoggia. La sua colpa, in questa situazione, è definibile come reato di LESA MAESTA’.
E si arriva al punto culminante: non è il Parlamento che deve votare la fiducia a Draghi ma Draghi che deve darla al Parlamento. Una “MANFRINA” inaccettabile.
Leggiamo appelli come “L’Italia ha bisogno di Draghi.” Quale Italia e per fare cosa? diciamo noi. Per fare quello che ha fatto in questi mesi certamente no.
Conosciamo compagne e compagni che si appellano a Draghi con la motivazione che se cade vince la Meloni. A loro, di cui capiamo la paura, rispondiamo che con queste politiche, con queste scelte, senza una legge elettorale proporzionale, a primavera – perché prima o poi si voterà – la Meloni vincerà comunque.
Per non farla vincere ci vuole la POLITICA, il coraggio di affrontare il CONFRONTO e di praticare la DEMOCRAZIA, la capacità di riconoscere le vere emergenze.
Firenze Città Aperta –19 luglio 2022